IL RETTOR MAGGIORE DEI SALESIANI DI DON BOSCO E LA FAMIGLIA SALESIANA RENDONO OMAGGIO ALL’URNA CON LE RELIQUIE DEL MIGRANTE IGNOTO CUSTODITA NEL “TOTEM DELLA PACE” DELLO SCULTORE MOLINARI.

Il Rettor Maggiore dei Salesiani di Don Bosco Don Ángel Fernández Artime - accompagnato da Don Horacio Lopez e dagli Ambasciatori presso la Santa Sede di Panama, Miroslava Rosas Vargas, e di Guatemala, Alfredo Vàsquez Rivera - insieme ad esponenti della Famiglia Salesiana, giovani delle scuole salesiane e migranti accolti dai Salesiani nelle Case-Famiglie ha reso omaggio e deposto una corona d’alloro dinnanzi all’urna con le reliquie del Migrante Ignoto, custodita nell’opera monumentale “Totem della Pace” dello scultore Mario Molinari nel porto di Napoli.
Tanti i giovani impegnati in attività di aiuto e di solidarietà presenti ai quali è stato consegnato il titolo di “Alfieri degli Stati Uniti del Mondo”. Tante le testimonianze: come quella di Amir, che dal Bangladesh è giunto in Italia e nell’oratorio ha trovato il sostegno, la sicurezza ed anche un futuro.
“Questo è un giorno molto speciale - ha affermato Don Ángel Fernández Artime – perché, oltre a rendere omaggio al Migrante Ignoto ed all’opera di Molinari, abbiamo l’opportunità di continuare a scrivere pagine vere e insieme: con la società, con la Fondazione Mediterraneo, con gli Stati Uniti del Mondo, con i giovani”.

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IL RETTOR MAGGIORE DEI SALESIANI DI DON BOSCO E LA FAMIGLIA SALESIANA PREGANO NELLA CAPPELLA DELLA CHIESA DI SAN GIUSEPPE MAGGIORE DOVE DON BOSCO CELEBRÒ MESSA IL 30 MARZO 1880

Il Rettor Maggiore dei Salesiani di Don Bosco Don Ángel Fernández Artime - accompagnato da Don Horacio Lopez e dagli Ambasciatori presso la Santa Sede di Panama, Miroslava Rosas Vargas, e di Guatemala, Alfredo Vàsquez Rivera -  insieme ad esponenti della Famiglia Salesiana, giovani delle scuole salesiane e migranti accolti dai Salesiani nelle Case-Famiglie ha pregato nella Cappella della Chiesa di San Giuseppe Maggiore dove Don Bosco celebrò l’unica messa al Sud il 30 marzo del 1880.
In questa occasione il Rettor Maggiore ha ringraziato la Fondazione Mediterraneo e Michele Capasso per aver reso possibile questo incontro e questo momento di preghiera in occasione dell’apertura del Museo dedicato a “DON BOSCO IL POTERE DELL’AMORE”.

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IL MAROCCO RICONOSCE LA LIBERTÁ DI RELIGIONE

L’Alta Commissione per gli Affari Religiosi del Marocco, incaricata di emettere fatwa (sentenze islamiche), ha annullato la sua precedenza sentenza secondo la quale la conversione religiosa costituisce un reato punibile con la pena di morte. Ai musulmani è ora riconosciuta la libertà di scegliere il proprio credo.
Nel 2012 l’Alta Commissione per gli Affari Religiosi pubblicava un libro nel quale esponeva la propria posizione circa l’apostasia. Attingendo da una diffusa tradizione giurisprudenziale, si sosteneva che un musulmano intenzionato a cambiare la propria religione dovesse essere punito con la morte.
Recentemente, tale posizione è stata contraddetta da un nuovo documento pubblicato dallo stesso organo religioso intitolato “La Via degli studiosi”. Fondamento della decisione di annullamento della sentenza, il documento ridefinisce i principi dell’apostasia. Quest’ultima non è più vista come una questione di fede ma piuttosto come una posizione politica facente parte della categoria dell’alto tradimento.
Nella “Via degli studiosi”, l’Alta Commissione si tuffa nel passato e suggerisce che un tempo il contesto dell’apostasia e la sua punizione era prevalentemente pragmatico e politico. Le guerre di apostasia erano condotte in linea con lo sforzo di mantenere lo Stato di nuova costituzione unito contro ogni tipo di divisione interna. Pertanto, precisa che l’interpretazione più accurata e più coerente con la legislazione islamica e l’esempio del Profeta è che l’uccisione dell’apostata riguardi essenzialmente il traditore del gruppo, colui che fuggendo dall’Islam mette in pericolo la Umma (comunità islamica) rivelandone i segreti ai suoi nemici; ossia l’equivalente di tradimento in diritto internazionale.
Di conseguenza, la parola del Profeta “chi cambia religione, uccidetelo”, deve essere interpretata come riguardante colui che lascia la propria religione e abbandona il proprio popolo.
Eppure, l’idea secondo cui l’apostata non deve essere ucciso non è nuova per l’Islam. Infatti, al tempo dell’Accordo di al-Ḥudaybiyya, lo stesso Maometto ha osservato tale disposizione affermando che a chiunque fosse diventato musulmano e rinunciasse ad esserlo sarebbe stata concessa la possibilità di ritornare alla Quraysh, all’epoca il più potente nemico dell’Islam.
Il comitato ecclesiastico infine nota anche che in diversi casi il Corano parla di apostasia e di una punizione nella vita a venire, non in quella presente. Ad esempio, al capitolo 2 versetto 217 si legge: “[…] E chi di voi rinnegherà la fede e morirà nella miscredenza, ecco chi avrà fallito in questa vita e nell’altra. Ecco i compagni del Fuoco: vi rimarranno in perpetuo”.
La decisione, che ha seguito un ragionamento politico piuttosto che religioso – afferma il presidente Michele Capasso soddisfatto per la decisione -  è sicuramente significativa e rivoluzionaria per la società marocchina. I cristiani, che rappresentano una piccola minoranza in Marocco – a maggioranza musulmana – tirano un sospiro di sollievo. Dopo anni di minacce di persecuzioni, le minoranze religiose più vulnerabili possono ora liberamente scegliere a quale Dio rivolgere la propria preghiera”.

 

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SALESIANI E SUORE FMA DELL’ISPETTORIA MERIDIONALE IN VISITA AL MUSEO DELLA PACE - DON BOSCO

Un gruppo di Salesiani e di Suore FMA dell’Ispettoria Meridionale Salesiana provenienti dalle regioni del Sud Italia hanno visitato in anteprima il Museo della PaceDon Bosco esprimendo compiacimento per la realizzazione dell’Oratorio Salesiano Virtuale.
In particolare sono stati proiettati sui grandi schermi i video più significativi dei 12 percorsi emozionali: dalla visita di Papa Francesco a Valdocco al video “Don Bosco, il potere dell’amore”.

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NAPOLI: URBAN PARTICIPATION AND CO-CREATION HUB

Si è svolto a Napoli il convegno internazionale coordinato dalla prof. Caterina Arcidiacono – Università Federico II e Coordinatrice del Community Psychology Lab.

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LA FONDAZIONE MEDITERRANEO E GLI STATI UNITI DEL MONDO SALUTANO CON UN BATTITO DI MANI PREDRAG MATVEJEVIC’, COFONDATORE E PRESIDENTE DEL COMITATO INTERNAZIONALE

La Fondazione Mediterraneo - il presidente e cofondatore Michele Capasso, la vicepresidente Caterina Arcidiacono, il responsabile dei rappoti istituzionali Claudio Azzolini, i componenti del Consiglio Direttivo e del Comitato Scientifico Internazionale, i direttori delle Sezioni Autonome Almamed, Accademia del Mediterraneo, Isolamed, Labmed ed Euromedcity, i responsabili delle Sedi distaccate e gli Amici della Fondazione – saluta con un battito di mani Predrag Matvejevic’, cofondatore e presidente del Comitato Scientifico Internazionale.
L’amico, il collega, lo scrittore, il saggista, l’intellettuale, il dissidente Predrag Matvejevic’ è morto, all'età di 84 anni, nell'ospedale di Zagabria dove era ricoverato da tempo.
É stato un uomo impegnato dal punto di vista dei diritti umani Predrag, oltre che docente universitario: si è sempre battuto per la pace e il dialogo tra i popoli, in particolare, ovviamente, per quelli dei Balcani.
Nato a Mostar quando la città faceva parte della Jugoslavia (poi sarebbe diventata Bosnia-Erzegovina), ha vissuto anche in Italia (dal 1994 al 2008), dove ha insegnato Slavistica alla Sapienza di Roma dal 1994 al 2007. In precedenza era stato docente di Letteratura francese all'Università di Zagabria e di Letterature comparate alla Nuova Sorbona-Parigi III. Era emigrato in Francia nel 1991.
Fu consulente per il Mediterraneo nel Gruppo dei saggi della Commissione europea durante la presidenza Prodi e tra gli ideologi della “Fondazione Anna Lindh “; vice presidente del PEN Club Internazionale di Londra; cofondatore e presidente del comitato scientifico della nostra Fondazione Laboratorio Mediterraneo (oggi Fondazione Mediterraneo) con sede centrale a Napoli.
Per la sua attività di scrittore ha ricevuto numerosi riconoscimenti in Italia e all'estero, fra cui il Premio Malaparte nel 1991, il Premio Strega europeo nel 2003 e il Prix du Meilleur livre étranger 1993 a Parigi. Il governo francese gli ha conferito la Legion d'Onore, il presidente della Repubblica Italiana gli ha attribuito la cittadinanza italiana e il titolo di Commendatore dell'Ordine della Stella della Solidarietà Italiana.
Tra le sue opere più importanti si ricordano, "Breviario Mediterraneo" - tradotto in varie lingue - "Sarajevo", "Un'Europa maledetta", "Pane nostro".
La Fondazione Mediterraneo e gli Stati Uniti del Mondo hanno pubblicato vari libri del suo cofondatore: tra essi si ricordano “Diario di una guerra”, “Sulle identità dell’Europa”, “Il Mediterraneo e l’Europa”.
Il presidente Capasso, commosso, ricorda il fratello, l’amico e l’intellettuale con cui ha condiviso tante battaglie per oltre 25 anni: per la pace, per il dialogo, per la libertà, per la giustizia sociale; dall’Appello per la Pace in ex Jugoslavia a quelli per la Palestina, la Siria, il Kossovo…

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CIAO PREDRAG !

Dopo pochi giorni dalla morte di Gerardo Marotta, anche Predrag ci ha lasciato: due grandi personalità che hanno creato con me  la “Fondazione Mediterraneo”.
Predrag  è morto senza il riconoscimento che gli spettava, quel premio Nobel che solo un anno fa con un comitato di giornalisti e scrittori, tra cui Claudio Magris, reclamavamo con urgenza: l’omaggio ad un grande scrittore, vittima di ingiustizie e di quella che lui definiva “democratura”, la dittatura della democrazia.
Si è spento ieri a Zagabria all’età di 84 anni.  Da tempo si era allontanato dal dibattito pubblico a causa della malattia.
Avrebbe meritato il Nobel solo per  "Breviario Mediterraneo" , la sua opera più famosa,  splendido saggio 'geopoetico', 'diario di bordo', 'romanzo sui luoghi', tradotto in 20 lingue e considerato da Magris "un libro geniale, fulminante, inatteso".
Predrag: il fratello, l’amico, il confidente, l’intellettuale. Colui che ha inciso sulla seconda parte della mia vita facendomi diventare, come lui, un guerriero delle battaglie in difesa dei diritti dell'uomo, sempre a fianco dei dissidenti perseguitati dal potere: da Sacharov ad Havel, da Kundera a Sinjavskij.
Lui stesso fu poi perseguitato e inviso alle autorità croate, condannato a cinque mesi di prigione nel novembre del 2005 da un tribunale di Zagabria. Aveva osato rompere l'ipocrisia di quel regime scrivendo, nel 2001, un saggio in cui accusava alcuni scrittori di essere stati "guerrafondai" durante le guerre jugoslave. Li chiamò "I nostri Talebani" o “Talebani cristiani” e l'establishment gli si rivoltò contro. Processato per calunnia e diffamazione accettò la condanna come una medaglia, rinunciando all'appello: "Non voglio riconoscere l'autorità di chi ha emesso questa sentenza".
Era nato a Mostar, allora Jugoslavia, oggi Bosnia ed Erzegovina, da padre russo di Odessa e madre croata. Una miscela di razze e culture. Radici multiculturali, un'apertura verso il mondo che lo distingueva da altri intellettuali omologati al sistema.
Predrag insegna slavistica alla Sapienza di Roma, dal 1994 al 2007. Prima è docente a Zagabria e alla Sorbona. La Francia gli concede la “Legion d'Onore”, l'Italia la cittadinanza che lui esibisce con orgoglio, così come si sente lusingato quando la Commissione europea di Prodi lo inserisce nel Gruppo dei saggi per il Mediterraneo che fu alla base della nostra “Fondazione Anna Lindh”.
Nel 1987 il "Breviario Mediterraneo" gli ha dato fama internazionale ma lui, corteggiato da editori e giornali, rimane sempre lo stesso, ironico fino alla dissacrazione,  legatissimo ai suoi studenti, amante della buona cucina, della vita, sempre in fuga, sempre in bilico, "tra asilo ed esilio": Napoli, la mia casa e la sede della Fondazione Mediterraneo, furono la sua casa, il suo rifugio!
Un europeista convinto e lucidamente pessimista: "Ci sono troppe fratture nel Mediterraneo. Tanto a Nord quanto a Sud l'insieme del bacino si lega con difficoltà al continente e ciò genera frustrazioni e fantasmi".
Frustrazioni, fantasmi, guerre, sangue e 'democrature'. Democrature è un neologismo che, come dicevo prima,  porta la sua firma. Democrature sono "quei regimi, formalmente democratici, in realtà oligarchici". Matvejevic’ conia l'espressione in riferimento ai Paesi del socialismo reale. Ma, in anni più recenti, lo scrittore, con amarezza, individua tracce di 'democratura' anche nell'Europa liberale e socialdemocratica.
Negli anni passati abbiamo scritto insieme, come in tante occasioni, considerazioni sul “Pane” da lui contemplate nel libro "Pane Nostro" (2010). "Gli uomini e le donne - osservava Predrag - si sono sempre messi in viaggio, e lo fanno tuttora, verso quelle terre in cui il pane si sforna in gran quantità. E dove, per eccedenza, viene buttato ogni giorno al calar della sera.
Ancora oggi, come disse una volta Pjotr Kropotkin, 'la questione del pane è più importante di tutte le altre'".
E’ qui impossibile ricordare 25 anni di stretta fratellanza, amicizia, collaborazione: col tempo si comprenderà la grandezza di quest’Uomo, prima che Intellettuale e Scrittore.
In questo momento di tristezza, affido a poche immagini e video il suo ricordo.

Ciao Predrag, Fratello Mio!

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LA FEDERAZIONE ANNA LINDH ITALIA RICORDA PREDRAG MATVEJEVIC’, MEMBRO DEL “GRUPPO DI SAGGI” DI PRODI PER LA FONDAZIONE ANNA LINDH

La Federazione Anna Lindh Italia Onlus ha ricordato Predrag Matvejevic’ nel giorno della sua scomparsa: in modo particolare il suo ruolo di membro del “Gruppo di saggi” istituito dall’allora presidente della Commissione europea Romano Prodi per indirizzare l’azione della futura “Fondazione euro mediterranea Anna Lindh per il Dialogo tra le Culture”.
Il presidente della Fondazione Mediterraneo Michele Capasso e la vicepresidente Caterina Arcidiacono - cofondatori con Matvejevic’ dell’istituzione con sede a Napoli -  hanno sottolineato l’importanza degli incontri di Alessandria in cui Predrag Matvejevic’ con Romano Prodi tracciò le linee direttive culturali e politiche su cui andava costruito in quell’epoca la complessa azione del dialogo per la pace.

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IL PRESIDENTE DEL CONI GIOVANNI MALAGÒ IN VISITA AL MUSEO DELLA PACE – MAMT: “UN LUOGO NON RARO MA UNICO IN CUI C’E’ UNA STORIA DI PASSIONE E DI VALORI CHE FA ONORE ALL’ITALIA”.

Il presidente del CONI Giovanni Malagò ha visitato il Museo della PaceMAMT esprimendo grande apprezzamento per questo luogo. In particolare ha molto apprezzato le sezioni dedicate a Pino Daniele, Mario Molinari e Raffaele Capasso.
“Questo è un luogo non raro ma unico ! - ha affermato – c’è una storia di passione nei confronti dei valori della vita…”

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IL PRESIDENTE DEL CONI MALAGÒ RENDE OMAGGIO AL MUSEO MAMT ED AL TOTEM DELLA PACE DI MOLINARI

Nel corso della visita al Museo della PaceMAMT il presidente del CONI Giovanni Malagò ha espresso apprezzamento per le sezioni museali: da Pino Daniele a Mario Molinari.
In modo particolare si è complimentato per il “Totem della Pace” dello scultore del colore.

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