Tutti gli Eventi e le Iniziative || Anno per Anno

Clementino, il noto rapper napoletano, ha voluto ricordare “a modo suo” i migranti morti nel mare in occasione della Giornata nazionale delle vittime dell’immigrazione.
In visita alla Fondazione Mediterraneo e al Museo della Pace ha sottolineato l’impegno di tanti giovani per aiutare i migranti.

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Grande entusiasmo ha manifestato il rapper Clementino visitando, nel Museo della PaceMAMT, il percorso emozionale dedicato a Mario Molinari, scultore del colore.
Con il suo stile asciutto Clementino ha riconosciuto al “grande scultore torinese” il merito di aver sempre sollecitato le nuove generazioni a vivere “a colori” lasciandosi dietro le spalle i “grigi” e le oscurità della vita.
Dinanzi alle grandi immagini della “Casa-Museo” di Torino di Molinari, ha esternato la propria gioia convenendo che tutti dovremmo restare un po’ “bambini” per tutta la vita.

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La Rete Italiana della Fonazione Anna Lindh ha celebrato la “Giornata nazionale delle vittime dell’immigrazione” sostenendo le iniziative del “Comitatotreottobre”: molti suoi membri sono intervenuti in varie città d’Italia.
Da Lampedusa a Napoli si sono susseguite una serie di iniziative tese a sensibilizzare sul problema dei migranti.
Ancora in questa giornata 9 migranti morti, 6.000 accolti grazie alla Guardia Costiera, 18 missioni in mare.
Il presidente Capasso ha ringraziato il Comune di Napoli, la Guardia Costiera ed altre istituzioni per essersi associati alla Rete Italiana della Fondazione Anna Lindh in questa iniziativa.
Presenti all’evento di Napoli delegazioni di vari paesi.

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Il rapper Clementino ha visitato la sezione del Museo della PaceMAMT dedicata a Pino Daniele.
Emozioni, nostalgia e tanto, tanto amore.

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Clementino in visita al Museo tra video, oggetti, dischi, pastori e tanto altro: un mondo di “emozioni”.

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Gianni, Olimpia, Rubina, Raffaele, Luigi, Nadia, Simone, Ilaria e Amalia sono gli amici della “Toledo Pino Daniele Tribute Band”: sono in gran parte napoletani trapiantati a Roma. Tutti fans, o meglio, Amici  del musicista Pino Daniele verso il quale hanno un legame indescrivibile.
Una giornata al Museo non è stata sufficiente per assaporare le emozioni dei percorsi emozionali.
Momenti di emozione quando, nella sala musica, ascoltando le canzoni più belle di Pino con l’effetto live (sembra di essere sotto il palco) gli occhi si sono riempiti di lacrime.
E la risposta non è tardata: Raffaele, Ilaria e Gianni improvvisano al pianoforte Alleria: una maniera di dire ancor più forte Grazie! al Museo della Pace.

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Addio al Caro Amico  Nemer Hammad, per 27 anni  rappresentante della Palestina in Italia, l’ambasciatore dell’Olp nel nostro Paese.
Si è spento dopo una battaglia durata anni contro un male incurabile – del quale mi aveva più volte parlato - nell’ospedale americano di Beirut.
Sostenitore del dialogo di pace con Israele, nei lunghi anni trascorsi in Italia Nemer contribuì a cambiare in positivo l'immagine dei palestinesi, prendendo una netta posizione contro il terrorismo e aprendo il dialogo con tutte le forze democratiche. Divenne il volto e la voce delle istanze dell'Olp, gestendo anche momenti di crisi e tensioni in anni segnati da attacchi terroristici, come quelli a Fiumicino e alla sinagoga di Roma.
Son stato spesso nella sua casa romana: sempre piena di fotografie con Arafat, di scatoloni ricolmi di carte, lettere. C’era molta Italia lì dentro, che riportava – come testimoniano amici giornalisti – “a diplomazie di altri tempi, canali paralleli, operazioni delicate”.
Nei Palazzi che contavano allora sedevano Aldo Moro, Enrico Berlinguer, Bettino Craxi, la Seconda Repubblica spazzò tutto via, eppure Nemer Hammad seppe comunque pilotare la questione palestinese nelle stanze giuste.
Quando Hammad arrivò in Italia il clima era incandescente, il terrorismo palestinese colpiva in Europa, c’era stata da poco la strage di Monaco, Carlos “lo sciacallo” stava per sequestrare i ministri dell’Opec a Vienna. «Allora - raccontò Hammad - i rapporti fra Olp e Farnesina non esistevano ma finalmente nel 1974 a un convegno mi fu presentato Giancarlo Pajetta del Pci». E da allora per Hammad si aprirono le porte della Dc, del Psi, del Psdi. Comprese quelle che non erano mai state varcate come quelle del Vaticano, della Camera dei Deputati. (La fondina della pistola di Arafat, mi disse, che tante polemiche aveva provocato durante quella visita a Montecitorio era vuota).
«Uno dei momenti più toccanti per me fu quando rapirono Aldo Moro, che conoscevo personalmente», ricordava con sincero dispiacere, «a chiedermi aiuto non furono solo i leader democristiani, ma venni sollecitato anche dall’opposizione, da Craxi e da Berlinguer. Mi sarei mosso anche se nessuno avesse chiesto nulla, Moro era per noi un grande statista». Hammad ne parlò ad Arafat e all’allora suo braccio destro Abu Jihad (Khalil al Wazir). «Noi non eravamo in contatto con le Br - raccontò - ma Abu Jihad era convinto che a Berlino Est c’era qualcuno che poteva agganciarli… ma fu un buco nell’acqua».
È negli anni Settanta e Ottanta che Nemer Hammad mise tutto il suo impegno per evitare che l’Italia divenisse un campo di battaglia fra fazioni armate. «L’attacco dei terroristi di Abu Nidal alla sinagoga di Roma e poi all’aeroporto di Fiumicino fu un colpo alle nostre spalle, collaborammo con i servizi italiani. Un anno dopo identificammo tre terroristi a Roma che preparavano un attentato, lo segnalammo ai servizi che li arrestarono». «Noi - raccontava con calore - volevamo evitare l’equazione palestinesi=terrorismo, eravamo le prime vittime di Abu Nidal» che in quegli anni uccise sei ambasciatori palestinesi in Europa. «Gli italiani, da Craxi a Andreotti a De Mita – capirono in quale baratro venivamo spinti e chi si doveva aiutare».
Nel breve intervallo dagli anni romani di Nemer Hammad ci fu il dirottamento dell’Achille Lauro. Dodici ore dopo il sequestro squillò il suo telefono nell’appartamento che occupava a Belgrado, dall’altro capo del filo c’era Craxi che chiedeva consigli.
In questi ultimi anni l’ho incontrato più volte a Ramallah come consigliere di Abu Mazen. Fu dispiaciuto di non aver accompagnato il “Suo” Presidente dal “Suo Amico Michele” nell’aprile 2013 durante la visita alla Fondazione Mediterraneo.
Il suo sguardo era sempre velato di malinconia quando si parlava d’Italia e, specialmente, di Roma: città che amava alla follia.
Addio, Caro Nemer, grazie per il tuo sostegno alle iniziative della Fondazione Mediterraneo. Resteranno nella memoria e nel cuore le tue presenze e, fra tutte, quella alla costituzione della nostra sede di Lecce quando seduti al tavolo del ristorante intonavamo canti palestinesi ed ebraici con Nabil e Noha: segno della Tua infaticabile azione per la pace tra due popoli “siamesi” (così li hai definiti).
Non è un caso se la sua morte avviene nel giorno in cui si celebrano i funerali di Shimon Peres.
Un altro segnale - se mai ce ne fosse ancora bisogno! – per Due Popoli destinati dalla Storia e dalla Geografia a vivere uno accanto all’altro, in DUE STATI. In PACE.

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Grande festa a Subiaco per il compleanno di Suor Maria Pia Giudici.
L’augurio è quello di restare ancora tra noi per diffondere la Sua saggezza ed il Suo messaggio d’amore.

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Cinque sorelle, di cognome Magnal, direttamente dal Quebec al Museo: tante sensazioni tra video, libri, oggetti e storie.

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Profondo cordoglio è stato espresso dal presidente Michele Capasso a  nome di tutti i membri della Fondazione Mediterraneo per la morte di Shimon Peres, tra i fondatori - con l’ambasciatore Shmuel Hadas - della Fondazione Mediterraneo e dell’Accademia del Mediterraneo con sede in Napoli.
In occasione del decennale, Peres definì la Fondazione Mediterraneo con l’Accademia strumento culturale importante per la diplomazia.
Negli ultimi incontri con il presidente Capasso Peres ha sottolineato l’importanza di promuovere, con ogni mezzo, il POSITIVO che è sempre presente nella storia, anche nei momenti bui. Ciò al fine di evitare che i giovani possano cadere in una desolazione senza ideali e senza speranza per il futuro.
Anche seguendo questo suo indirizzo, la Fondazione ha dedicato a Shimon Peres la “Sala Israele” del Museo della Pace con videowall ad alta definizione che raccontano il “positivo” di Israele e degli altri paesi del Mediterraneo.
“La morte di Shimon – ha affermato il presidente Capasso – lascia un vuoto nelle speranze di chi ha creduto in una pace possibile, nonostante le difficoltà. Il compito risulta ora ancor più difficile per la mancanza di punti di riferimento e di confronto. Ricordiamo Shimon in uno dei tanti incontri con i membri della nostra Fondazione: da Shmuel Hadas a Claudio Azzolini, da Caterina Arcidiacono a Luciana Stegagno Picchio a Nullo Minissi.”
Una delegazione della Fondazione Mediterraneo sarà presente ai funerali che si svolgeranno il 30 settembre 2016.

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