Maison de la Paix || Casa Universale delle Culture

 

CASA UNIVERSALE DELLE CULTURE

La Maison de la Paix - Casa Universale delle Culture è un luogo altamente rappresentativo, in cui trasmettere la conoscenza delle diverse identità e culture del mondo, strutturando permanentemente iniziative in grado di produrre la pace necessaria per lo sviluppo condiviso.

La Maison de la Paix - Casa Universale delle Culture (MdP) è un progetto ideato da Michele Capasso, al quale hanno aderito i principali Paesi del mondo ed organismi internazionali. E' un’architettura in cui viene custodita la memoria delle molteplici iniziative di Pace che hanno caratterizzato la storia, spesso più delle guerre, ma – soprattutto – uno spazio in cui “costruire” la Pace.

Il complesso architettonico ha un valore simbolico importante: rappresenta, infatti, i Paesi del mondo impegnati nel processo di pace, unitamente ai Paesi vittime dei conflitti.

Proposto dalla Fondazione Mediterraneo con la Maison des Alliances – insieme ai principali organismi aderenti, quali l’Assemblea Parlamentare del Mediterraneo, la Lega degli Stati Arabi, la Fondazione Euromediterranea Anna Lindh ed altri, la MdP costituisce un punto di riferimento per tutti coloro che intendono abbracciare la pace.

Il suo simbolo è il "Totem della Pace" dello scultore Mario Molinari che la Fondazione Mediterraneo sta diffondendo in tutto il mondo, costituendo la rete delle "Città per la Pace".

La prima sede della MdP è stata inaugurata il 14 giugno 2010 (Nasce la Maison de la Paix - Casa Universale delle Culture) nello storico edificio del Grand Hotel de Londres a Napoli.

L'azione della Maison de la Paix - Casa Universale delle Culture è finalizzata a valorizzare le iniziative principali del "Forum Universale delle Culture" di: Barcellona (2004), Monterrey (2007), Valparaiso (2010) e Napoli (2013).

La Maison de la Paix svolge la maggior parte delle iniziative congiuntamente con la Maison de la Méditerranée.

I leader europei nella sala degli Orazi e Curiazi, davanti al documento del '57, chiamati a sottoscrivere un testo per rilanciare nei prossimi 10 anni l'integrazione europea.
Juncker: "Ci sarà un 100esimo anniversario Ue".
Gentiloni: "Restituire fiducia ai concittadini".
Mattarella: "Inizia una fase costituente"
Un firma dopo l'altra. Ventisette nomi hanno rinnovato a Roma un sogno comune e con l'inchiostro della stessa penna che 60 anni fa disegnò la prima Europa, sottoscritto il proprio impegno a difenderne l'idea e l'unità.
Per la dichiarazione di Roma i capi di Stato europei sono arrivati nella Capitale a ribadire quei voti nuziali pronunciati nel 1957 nella città eterna, nonostante il divorzio di un partner insoddisfatto, il Regno Unito.
Per le nozze di diamante, i 27 sono entrati nel palazzo rinascimentale in cui il 25 marzo di sessant'anni fa fu firmato il trattato istitutivo dell'Unione, e hanno siglato nuovi concetti chiave, l'unità dell'Europa, la sua indivisibilità e la possibilità per gruppi di Paesi di procedere più speditamente di altri in determinati settori.
"Queste sono firme che restano. Ci sarà un 100esimo anniversario della Ue", ha predetto il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, al suo arrivo, definendo anche però "molto triste" un incontro senza Regno Unito. La grande assente è stata infatti la premier britannica TheresaMay, che ha deciso di avviare il complesso processo di separazione dal blocco europeo mercoledì prossimo. Ed è un'Europa in tempesta quella che oggi celebra il suo anniversario, sfiancata da venti di discordia, dubbi e sfiducia popolare.
"I 27 devono dimostrare di essere i leader di quest'Europa", ha avvertito il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. "Bisognerà rivedere i trattati, tutti.
Ora inizia una fase costituente" ha aggiunto dopo la firma della dichiarazione il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Accolti sotto il sole dal premier italiano Paolo Gentiloni, i capi di Stato hanno attraversato la grande piazza del Campidoglio progettata da Michelangelo, diretti nella sala degli Orazi e Curiazi, che ha ospitato sei di loro 60 anni fa.
L'Europa "potrebbe morire" se non ritrova gli ideali dei padri fondatori, come "solidarietà" ha detto Papa Francesco ai capi di Stato ricevendoli ieri in Vaticano, "ma può ritrovare la speranza nella solidarietà, che è anche l'antidoto più efficace contro il populismo moderno".
Dopo la commemorazione solenne dei Trattati, i Capi di Stato sono andati al Quirinale per incontrare alle 13,30 il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Che, accogliendoli, si è congratulato.

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Il presidente della Fondazione Mediterraneo Michele Capasso, a latere degli incontri di Roma per il “60° Anniversario dei trattati di Roma”, ha ricordato il proprio impegno personale sin dal 1988 per la costituzione degli Stati Uniti d’Europa e le molteplici iniziative intraprese dalla Fondazione Mediterraneo sul tema, anche in occasione delle visite dei Presidenti dei Parlamenti europei e di altri rappresentanti delle istituzioni comunitaire.

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Papa Francesco riceve i capi di Stato e di Governo per il 60° anniversario dei trattati di Roma, ammonisce dalle "spinte centrifughe" e dai muri: "Solidarietà è l'antidoto più efficace ai moderni populismi". E invita a costruire "società autenticamente laiche". Gentiloni: "Ue non è solo parametri economici"
L'Europa è un "modo di concepire l'uomo a partire dalla sua dignità trascendente e inalienabile" e non "un insieme di regole da osservare". E si deve resistere alla "tentazione di ridurre gli ideali fondatici alle necessità produttive, economiche e finanziarie". Papa Francesco lo sottolinea parlando ai capi di Stato e governo dei Paesi Ue, ricevuti in Vaticano alla vigilia della celebrazione per i 60 anni del Trattato di Roma.
"Noi oggi siamo qui riuniti per celebrare il nostro progetto comune e domani firmeremo un documento di intenti comuni, solo insieme e uniti si possono vincere le grandi sfide, possiamo sconfiggere il terrorismo, risolvere il problema dell'immigrazione", dice il presidente del Europarlamento, Antonio Tajani, nel suo messaggio di saluto iniziale. E Bergoglio, riprendendo i temi affrontati nella  torna sugli elementi costitutivi di quel "progetto comune" che venne sottoscritto sessant'anni fa. Li riassume in cinque pilastri: "La centralità dell'uomo, una solidarietà fattiva, l'apertura al mondo, il perseguimento della pace e dello sviluppo, l'apertura al futuro".
Sul tema della solidarietà Bergoglio si sofferma a lungo. Lo presenta come "antidoto più efficace ai moderni populismi", come risposta alle "spinte centrifughe". Ma anche come perno sul quale far crescere la "capacità di aprirsi agli altri". Il Papa cita il cancelliere tedesco Adenauer e la sua promessa di una Unione che non avrebbe eretto intorno a sé "barriere invalicabili". Aggiunge Francesco: "In un mondo che conosceva bene il dramma di muri e divisioni, era ben chiara l'importanza di lavorare per un'Europa unita e aperta e la comune volontà di adoperarsi per rimuovere quell'innaturale barriera che dal Mar Baltico all'Adriatico divideva il continente". Oggi, commenta, si è persa la "memoria della fatica" compiuta per superare le barriere di sessant'anni fa. E se all'epoca "generazioni ambivano a veder cadere i segni di una forzata inimicizia", adesso si discute "di come lasciar fuori i 'pericoli' del nostro tempo: a partire dalla lunga colonna di donne, uomini e bambini".
In questi sessant'anni, ammette il Papa, il mondo è cambiato: "Se i padri fondatori, che erano animati dalla speranza di un futuro migliore e sopravvissuti ad un conflitto devastante, erano animati dalla speranza di un futuro migliore e determinati dalla volontà di perseguirlo, evitando l'insorgere di nuovi conflitti, il nostro tempo è più dominato dal concetto di crisi". Ma la parola crisi, spiega il pontefice, "non ha una connotazione di per sé negativa, non indica solo un brutto momento da superare: ha origine dal geco e - ricorda Francesco - significa investigare, vagliare giudicare". Quello contemporaneo, quindi, è "un tempo di discernimento che ci invita a vagliare l'essenziale e a costruire su di esso". Un tempo di "sfide e di opportunità".
In questo senso l'Unione Europea, nelle parole del Papa, "a differenza di un essere umano di sessant'anni non ha davanti a sé un'inevitabile vecchiaia, ma la possibilità di una nuova giovinezza". Il successo, però, è legato alla capacità di "discernere la via di un nuovo umanesimo europeo, fatto di ideali e concretezza". Si tratta di "edificare società autenticamente laiche, scevre da contrapposizioni ideologiche, nelle quali trovano ugualmente posto l'oriundo e l'autoctono, il credente e il non credente". Si tratta, inoltre, di investire nello sviluppo e nella pace. Ma "lo sviluppo non è dato da un insieme di tecniche produttive", esso "riguarda tutto l'essere umano: la dignità del suo lavoro, condizioni di vita adeguate, la possibilità di accedere all'istruzione e alle necessarie cure mediche". Francesco cita Paolo VI: "Lo sviluppo è il nuovo nome della pace". Ma ammonisce: "Non c'è vera pace quando ci sono persone emarginate o costrette a vivere nella miseria. Non c'è pace laddove manca lavoro o la prospettiva di un salario dignitoso. non c'è pace nelle periferie delle nostre città, nelle quali dilagano droga e violenza".
Che l'Unione europea non debba essere "solo quella dei parametri numerici, ma di esempi morali, valori, nella ricchezza delle diversità" lo ha sottolineato anche il premier italiano, Paolo Gentiloni. "La Chiesa  - ha detto - ci ha esortato a rafforzare il dialogo, ricordiamo san Giovanni Paolo II ed il suo impegno nel riunire i due 'polmoni' come li chiamava lui, l'Est e l'Ovest. La Chiesa ha inoltre incoraggiato l'integrazione, ad esempio papa Paolo IV che parlava della magnifica realtà dell'Unione". Ricordando che noi "siamo l'Europa dell'umanesimo e del Rinascimento, di Pascal, dell'Illuminismo e della ragione come idea fondativa dello sviluppo umano", Gentiloni ha ribadito che "noi europei traiamo ricchezza da numerosi e differenti radici". "Il Papa al Parlamento europeo ha parlato di umanizzazione e ancora una volta dobbiamo seguire chi siamo: abbiamo superato due guerre mondiali e l'Europa è diventata una grande famiglia. Il viaggio dell'Europa continua, arricchiti dalla nostra diversità. Il viaggio è iniziato tempo fa e continua in nome della giustizia, del progresso, della pace dell'Europa e del mondo intero".

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Si è svolta preso la Facoltà di Architettura di Napoli la presentazione del libro del prof. Enrico Costa "Selim e Isabella". Una storia mediterranea fra interdisciplinarità, multidisciplinarietà e globalizzazione ante litteram.

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Il presidente Michele Capasso con Pia Molinari ed altri membri della Fondazione Mediterraneo hanno partecipato alla prima del docu-film di Giorgio Verdelli dedicato a Pino Daniele.
Prima della proiezione tanti ospiti al Museo della PaceMAMT ed alla sezione dedicata a “Pino Daniele Alive”: da Tullio De Piscopo ad Enrico Rovelli, da Maria Letizia Melina a Gianbattista ed altri amici che hanno collaborato con Pino.
Complimenti a Giorgio Verdelli e grazie per aver inserito nei crediti il Museo della Pace – MAMT che ha fornito, per il docu-film, contributi dei video emozionali.

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La Fondazione Mediterraneo con l’Ordine degli Architetti di Napoli ed il patrocinio del Comune di Napoli ha svolto i seguenti eventi presso il Museo della Pace - MAMT:

  • Proiezione di video sui diritti delle donne.
  • Visita emozionale alla mostra “Stracciando i veli, donne artiste dal mondo islamico”.
  • Tavola rotonda: Uno sguardo sul Mediterraneo, coordinata dal presidente Michele Capasso.

Hanno partecipato consiglieri dell’Ordine degli Architetti guidati dall’arch. Mariella D’Elia ed altri iscritti all’Ordine, oltre che donne impegnate nel sociale.

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Don Peppe Diana è stato ricordato a 23 anni dal barbaro assassinio con una serie di eventi nel Museo della PaceMAMT dove vi è una sezione permanente a lui dedicata.
Don Peppe Diana fu ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994 nella sua chiesa a Casal di Principe, mentre si accingeva a celebrare messa.  Gli assassini non si accontentarono di freddarlo, vollero pure scempiarne il corpo con ulteriori colpi di pistola al basso ventre per indicare falsamente un movente sessuale e così tentare di impedire che divenisse il simbolo del riscatto di un popolo vessato dalla criminalità organizzata. Operazione in effetti in buona parte riuscita, se ci sono voluti 21 anni perché la diocesi di Aversa si decidesse a chiedere alla Santa Sede l’avvio della causa di beatificazione che deve riconoscere il martirio di don Peppe.
Le ragioni per le quali fu ucciso il parroco di Casal di Principe sono emerse nel processo che condannò i suoi omicidi, ma solo in secondo grado e poi in Cassazione, quando i giudici ribaltarono la sentenza di primo grado ed esclusero l’ipotesi della custodia da parte del parroco delle armi, fatto che aveva innescato la macchina del fango contro don Diana, facendo prevalere l’immagine di un prete vicino alla gente e ai giovani (patrimonio ritenuto indispensabile anche per i clan), impegnato a contrastare la subcultura camorrista, il cui valore simbolico era diventato potente.
Secondo la ricostruzione dei pm Don Diana aveva poi rifiutato la celebrazione dei funerali in chiesa di un malavitoso e questo gesto era stato considerato un affronto troppo duro da sopportare.
Tre giorni dopo il nipote del morto, infatti, entrò in sagrestia e sparò al sacerdote.
Don Diana perseguiva l’ostinata difesa dei suoi ragazzi esposti al male della corruzione e della delinquenza. E il testamento spirituale “Per amore del mio popolo non tacerò è un manifesto che impegna a non restare silenti davanti a “ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio”.

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Il presidente Michele Capasso ha partecipato alla presentazione del libro di Anton Emilio KroghCome me non c’è nessuno”, presente Rita Pavone.

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