Elenco Generale||degli eventi

Si è svolta la cerimonia d’inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2017 del TAR CAMPANIA.
Per la Fondazione Mediterraneo sono intervenuti Michele Capasso e Pia Molinari.

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(ANS – Città del Vaticano) – I Salesiani sono figli di un migrante, Don Bosco, che proveniva dalle aree rurali di Castelnuovo d’Asti e si trasferì a Torino. I suoi primi destinatari furono giovani migranti e i primi missionari in Argentina dovevano occuparsi dei migranti italiani. Ma soprattutto, oggi, i Salesiani lavorano con e per i migranti, soprattutto bambini e giovani, in tutti i continenti.
Ecco perché i Salesiani sono intervenuti al Forum Internazionale “Migrazioni e Pace”, in corso in questi giorni (21-22 febbraio) in Vaticano.
L’evento, organizzato dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, dallo “Scalabrini International Migration Network” (SIMN) e dalla “Fondazione Konrad Adenauer”, ha visto ieri anche l’intervento di Papa Francesco, che ha accolto i partecipanti nella Sala Clementina. Nel suo discorso il Pontefice ha chiesto di farsi prossimi alle persone che fuggono da situazioni di pericolo proponendo quattro parole chiave: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.
Da parte loro don Martín Lasarte e don George Menamparampil, Salesiani, del Settore per le Missioni, hanno avuto l’opportunità di presentare l’approccio e le diverse articolazioni del lavoro dei Figli di Don Bosco con i migranti. Essi costituiscono dei destinatari privilegiati della missione salesiana, dato che sui 65,3 milioni di rifugiati/sfollati (dati UNHCR), più della metà sono minori e l’altra metà in maggioranza giovani, cioè i primi beneficiari del carisma salesiano.
Nelle diverse presenze salesiane – scuole, centri di formazione professionale, oratori, opere sociali e parrocchie – in oltre 130 paesi del mondo si entra in contatto diretto con circa 10,6 milioni di persone, delle quali si stima che il 16% siano rifugiati, sfollati interni o immigranti di prima o seconda generazione. In Italia, ad esempio, nei 50 Centri di Formazione Professionale, i migranti sono il 20% degli allievi.
La missione salesiana pertanto coinvolge circa 1,7 milioni di persone in situazione di mobilità umana, tra i quali circa 400mila rifugiati/sfollati/richiedenti asilo.
Gli interventi nei loro confronti, senza escludere le operazioni d’emergenza ogniqualvolta sia necessario, hanno come priorità lo sviluppo di processi educativi che, nell’arco di un tempo sufficiente, possano offrire ai migranti gli strumenti per inserirsi nel mondo del lavoro e quindi nelle società di accoglienza.
D’altra parte i Salesiani lavorano anche per trasmettere alle società ospitanti i valori di solidarietà propri del Vangelo.
E si adoperano anche con iniziative specifiche di contrasto al fenomeno del traffico di esseri umani, come quelle della ONG “People’s Action for Rural Awakening” nella regione Indiana; o “Stop Tratta”, in collaborazione con l’ONG “Volontariato Internazionale per lo Sviluppo” in Africa Occidentale ed Etiopia.
Anche da parte salesiana, infine, è stata osservata la necessità di rafforzare e rendere più sistematiche a livello globale la collaborazione con altre istituzioni cattoliche attive nello stesso settore.

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Si è svolta a Porto la XIa Sessione Plenaria dell'APM. La Fondazione Mediterraneo, primo membro osservatore dell'APM - ideata a Napoli nella sede della Fondazione - ha partecipato ai lavori apportando il venticinquennale contributo per il dialogo e la pace.
La Sessione Plenaria dell' APM si è conclusa con alcune proposte..
Prima si è discusso sulla proposta francese di trasferire la sede del segretariato da Malta a Marsiglia. La proposta non ha raggiunto la maggioranza qualificata, richiesta dallo statuto, per essere accettata.
Dopo e' stata votata all'unanimità l'adesione della Romania come membro effettivo dell' APM ed e' stato acclamato come nuovo Presidente per il biennio 2017-18 l'on. Pedro Roque del Portogallo. Ha chiuso i lavori l'intervento del Primo Ministro del Portogallo Andrea Costa.

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Il Presidente Michele Capasso ed i membri tutti della Fondazione Mediterraneo esprimono profondo cordoglio per la scomparsa del prof. Franco Rizzi, storico segretario generale di UNIMED, membro fondatore della Rete Italiana della Fondazione Anna Lindh dal 2004 e compagno di tante battaglie per il dialogo, la pace e la cooperazione tra i popoli.
In occasione della recente scomparsa di Predrag Matvejevic’, membro co-fondatore della nostra Fondazione, il prof. Franco Rizzi lo aveva salutato con questo messaggio, ripreso da uno scritto di Matvejevic’, che qui condividiamo in memoria dei due nostri grandi Amici:
Il mare e la sponda, le isole nel mare e i porti sulla sponda, le immagini che ci offrono gli uni e gli altri cambiano nel corso dei peripli e durante gli approdi. Il Mediterraneo rimane lo stesso, noi invece no.

Ciao, Caro Franco!

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Il Rettor Maggiore dei Salesiani di Don Bosco Don Ángel Fernández Artime – accompagnato da Don Horacio Lopez e dagli Ambasciatori presso la Santa Sede di Panama, Miroslava Rosas Vargas, e di Guatemala, Alfredo Vàsquez Rivera - ha preso parte alla conferenza stampa di presentazione dell’Oratorio Salesiano virtuale: uno spazio con videowall e sistemi di comunicazione multimediale che racconta il percorso educativo di Don Bosco ed interagisce con i Salesiani di tutto il mondo.
Ad accogliere il Rettor Maggiore e tanti rappresentanti della Famiglia Salesiana - dal Magnifico Rettore dell’Università Pontificia Salesiana Don Mauro Mantovani all’Ispettore dell’Italia Meridionale Don Pasquale Cristiani fino alle rappresentanti delle Figlie di Maria Ausiliatrice e dei cooperatori - il presidente della Fondazione Michele Capasso, Pia molinari e Claudio Azzolini.
Presenti alla conferenza stampa il delegato del Magnifico Rettore dell’Università Federico II Gilberto Sammartino, l’assessore alla Regione Campania Serena Angioli, l’Assessore al Comune di Napoli Annamaria Palmieri ed i rappresentanti di testate giornalistiche e televisive.

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Il Rettor Maggiore dei Salesiani di Don Bosco Don Ángel Fernández Artime - accompagnato da Don Horacio Lopez e dagli Ambasciatori presso la Santa Sede di Panama, Miroslava Rosas Vargas, e di Guatemala, Alfredo Vàsquez Rivera - insieme ad esponenti della Famiglia Salesiana, giovani delle scuole salesiane e migranti accolti dai Salesiani nelle Case-Famiglie ha pregato nella Cappella della Chiesa di San Giuseppe Maggiore dove Don Bosco celebrò l’unica messa al Sud il 30 marzo del 1880.
In questa occasione il Rettor Maggiore ha ringraziato la Fondazione Mediterraneo e Michele Capasso per aver reso possibile questo incontro e questo momento di preghiera in occasione dell’apertura del Museo dedicato a “DON BOSCO IL POTERE DELL’AMORE”.

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L’Alta Commissione per gli Affari Religiosi del Marocco, incaricata di emettere fatwa (sentenze islamiche), ha annullato la sua precedenza sentenza secondo la quale la conversione religiosa costituisce un reato punibile con la pena di morte. Ai musulmani è ora riconosciuta la libertà di scegliere il proprio credo.
Nel 2012 l’Alta Commissione per gli Affari Religiosi pubblicava un libro nel quale esponeva la propria posizione circa l’apostasia. Attingendo da una diffusa tradizione giurisprudenziale, si sosteneva che un musulmano intenzionato a cambiare la propria religione dovesse essere punito con la morte.
Recentemente, tale posizione è stata contraddetta da un nuovo documento pubblicato dallo stesso organo religioso intitolato “La Via degli studiosi”. Fondamento della decisione di annullamento della sentenza, il documento ridefinisce i principi dell’apostasia. Quest’ultima non è più vista come una questione di fede ma piuttosto come una posizione politica facente parte della categoria dell’alto tradimento.
Nella “Via degli studiosi”, l’Alta Commissione si tuffa nel passato e suggerisce che un tempo il contesto dell’apostasia e la sua punizione era prevalentemente pragmatico e politico. Le guerre di apostasia erano condotte in linea con lo sforzo di mantenere lo Stato di nuova costituzione unito contro ogni tipo di divisione interna. Pertanto, precisa che l’interpretazione più accurata e più coerente con la legislazione islamica e l’esempio del Profeta è che l’uccisione dell’apostata riguardi essenzialmente il traditore del gruppo, colui che fuggendo dall’Islam mette in pericolo la Umma (comunità islamica) rivelandone i segreti ai suoi nemici; ossia l’equivalente di tradimento in diritto internazionale.
Di conseguenza, la parola del Profeta “chi cambia religione, uccidetelo”, deve essere interpretata come riguardante colui che lascia la propria religione e abbandona il proprio popolo.
Eppure, l’idea secondo cui l’apostata non deve essere ucciso non è nuova per l’Islam. Infatti, al tempo dell’Accordo di al-Ḥudaybiyya, lo stesso Maometto ha osservato tale disposizione affermando che a chiunque fosse diventato musulmano e rinunciasse ad esserlo sarebbe stata concessa la possibilità di ritornare alla Quraysh, all’epoca il più potente nemico dell’Islam.
Il comitato ecclesiastico infine nota anche che in diversi casi il Corano parla di apostasia e di una punizione nella vita a venire, non in quella presente. Ad esempio, al capitolo 2 versetto 217 si legge: “[…] E chi di voi rinnegherà la fede e morirà nella miscredenza, ecco chi avrà fallito in questa vita e nell’altra. Ecco i compagni del Fuoco: vi rimarranno in perpetuo”.
La decisione, che ha seguito un ragionamento politico piuttosto che religioso – afferma il presidente Michele Capasso soddisfatto per la decisione -  è sicuramente significativa e rivoluzionaria per la società marocchina. I cristiani, che rappresentano una piccola minoranza in Marocco – a maggioranza musulmana – tirano un sospiro di sollievo. Dopo anni di minacce di persecuzioni, le minoranze religiose più vulnerabili possono ora liberamente scegliere a quale Dio rivolgere la propria preghiera”.

 

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Si è svolto a Napoli il convegno internazionale coordinato dalla prof. Caterina Arcidiacono – Università Federico II e Coordinatrice del Community Psychology Lab.

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La Fondazione Mediterraneo - il presidente e cofondatore Michele Capasso, la vicepresidente Caterina Arcidiacono, il responsabile dei rappoti istituzionali Claudio Azzolini, i componenti del Consiglio Direttivo e del Comitato Scientifico Internazionale, i direttori delle Sezioni Autonome Almamed, Accademia del Mediterraneo, Isolamed, Labmed ed Euromedcity, i responsabili delle Sedi distaccate e gli Amici della Fondazione – saluta con un battito di mani Predrag Matvejevic’, cofondatore e presidente del Comitato Scientifico Internazionale.
L’amico, il collega, lo scrittore, il saggista, l’intellettuale, il dissidente Predrag Matvejevic’ è morto, all'età di 84 anni, nell'ospedale di Zagabria dove era ricoverato da tempo.
É stato un uomo impegnato dal punto di vista dei diritti umani Predrag, oltre che docente universitario: si è sempre battuto per la pace e il dialogo tra i popoli, in particolare, ovviamente, per quelli dei Balcani.
Nato a Mostar quando la città faceva parte della Jugoslavia (poi sarebbe diventata Bosnia-Erzegovina), ha vissuto anche in Italia (dal 1994 al 2008), dove ha insegnato Slavistica alla Sapienza di Roma dal 1994 al 2007. In precedenza era stato docente di Letteratura francese all'Università di Zagabria e di Letterature comparate alla Nuova Sorbona-Parigi III. Era emigrato in Francia nel 1991.
Fu consulente per il Mediterraneo nel Gruppo dei saggi della Commissione europea durante la presidenza Prodi e tra gli ideologi della “Fondazione Anna Lindh “; vice presidente del PEN Club Internazionale di Londra; cofondatore e presidente del comitato scientifico della nostra Fondazione Laboratorio Mediterraneo (oggi Fondazione Mediterraneo) con sede centrale a Napoli.
Per la sua attività di scrittore ha ricevuto numerosi riconoscimenti in Italia e all'estero, fra cui il Premio Malaparte nel 1991, il Premio Strega europeo nel 2003 e il Prix du Meilleur livre étranger 1993 a Parigi. Il governo francese gli ha conferito la Legion d'Onore, il presidente della Repubblica Italiana gli ha attribuito la cittadinanza italiana e il titolo di Commendatore dell'Ordine della Stella della Solidarietà Italiana.
Tra le sue opere più importanti si ricordano, "Breviario Mediterraneo" - tradotto in varie lingue - "Sarajevo", "Un'Europa maledetta", "Pane nostro".
La Fondazione Mediterraneo e gli Stati Uniti del Mondo hanno pubblicato vari libri del suo cofondatore: tra essi si ricordano “Diario di una guerra”, “Sulle identità dell’Europa”, “Il Mediterraneo e l’Europa”.
Il presidente Capasso, commosso, ricorda il fratello, l’amico e l’intellettuale con cui ha condiviso tante battaglie per oltre 25 anni: per la pace, per il dialogo, per la libertà, per la giustizia sociale; dall’Appello per la Pace in ex Jugoslavia a quelli per la Palestina, la Siria, il Kossovo…

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Dopo pochi giorni dalla morte di Gerardo Marotta, anche Predrag ci ha lasciato: due grandi personalità che hanno creato con me  la “Fondazione Mediterraneo”.
Predrag  è morto senza il riconoscimento che gli spettava, quel premio Nobel che solo un anno fa con un comitato di giornalisti e scrittori, tra cui Claudio Magris, reclamavamo con urgenza: l’omaggio ad un grande scrittore, vittima di ingiustizie e di quella che lui definiva “democratura”, la dittatura della democrazia.
Si è spento ieri a Zagabria all’età di 84 anni.  Da tempo si era allontanato dal dibattito pubblico a causa della malattia.
Avrebbe meritato il Nobel solo per  "Breviario Mediterraneo" , la sua opera più famosa,  splendido saggio 'geopoetico', 'diario di bordo', 'romanzo sui luoghi', tradotto in 20 lingue e considerato da Magris "un libro geniale, fulminante, inatteso".
Predrag: il fratello, l’amico, il confidente, l’intellettuale. Colui che ha inciso sulla seconda parte della mia vita facendomi diventare, come lui, un guerriero delle battaglie in difesa dei diritti dell'uomo, sempre a fianco dei dissidenti perseguitati dal potere: da Sacharov ad Havel, da Kundera a Sinjavskij.
Lui stesso fu poi perseguitato e inviso alle autorità croate, condannato a cinque mesi di prigione nel novembre del 2005 da un tribunale di Zagabria. Aveva osato rompere l'ipocrisia di quel regime scrivendo, nel 2001, un saggio in cui accusava alcuni scrittori di essere stati "guerrafondai" durante le guerre jugoslave. Li chiamò "I nostri Talebani" o “Talebani cristiani” e l'establishment gli si rivoltò contro. Processato per calunnia e diffamazione accettò la condanna come una medaglia, rinunciando all'appello: "Non voglio riconoscere l'autorità di chi ha emesso questa sentenza".
Era nato a Mostar, allora Jugoslavia, oggi Bosnia ed Erzegovina, da padre russo di Odessa e madre croata. Una miscela di razze e culture. Radici multiculturali, un'apertura verso il mondo che lo distingueva da altri intellettuali omologati al sistema.
Predrag insegna slavistica alla Sapienza di Roma, dal 1994 al 2007. Prima è docente a Zagabria e alla Sorbona. La Francia gli concede la “Legion d'Onore”, l'Italia la cittadinanza che lui esibisce con orgoglio, così come si sente lusingato quando la Commissione europea di Prodi lo inserisce nel Gruppo dei saggi per il Mediterraneo che fu alla base della nostra “Fondazione Anna Lindh”.
Nel 1987 il "Breviario Mediterraneo" gli ha dato fama internazionale ma lui, corteggiato da editori e giornali, rimane sempre lo stesso, ironico fino alla dissacrazione,  legatissimo ai suoi studenti, amante della buona cucina, della vita, sempre in fuga, sempre in bilico, "tra asilo ed esilio": Napoli, la mia casa e la sede della Fondazione Mediterraneo, furono la sua casa, il suo rifugio!
Un europeista convinto e lucidamente pessimista: "Ci sono troppe fratture nel Mediterraneo. Tanto a Nord quanto a Sud l'insieme del bacino si lega con difficoltà al continente e ciò genera frustrazioni e fantasmi".
Frustrazioni, fantasmi, guerre, sangue e 'democrature'. Democrature è un neologismo che, come dicevo prima,  porta la sua firma. Democrature sono "quei regimi, formalmente democratici, in realtà oligarchici". Matvejevic’ conia l'espressione in riferimento ai Paesi del socialismo reale. Ma, in anni più recenti, lo scrittore, con amarezza, individua tracce di 'democratura' anche nell'Europa liberale e socialdemocratica.
Negli anni passati abbiamo scritto insieme, come in tante occasioni, considerazioni sul “Pane” da lui contemplate nel libro "Pane Nostro" (2010). "Gli uomini e le donne - osservava Predrag - si sono sempre messi in viaggio, e lo fanno tuttora, verso quelle terre in cui il pane si sforna in gran quantità. E dove, per eccedenza, viene buttato ogni giorno al calar della sera.
Ancora oggi, come disse una volta Pjotr Kropotkin, 'la questione del pane è più importante di tutte le altre'".
E’ qui impossibile ricordare 25 anni di stretta fratellanza, amicizia, collaborazione: col tempo si comprenderà la grandezza di quest’Uomo, prima che Intellettuale e Scrittore.
In questo momento di tristezza, affido a poche immagini e video il suo ricordo.

Ciao Predrag, Fratello Mio!

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