Elenco Generale||degli eventi

Il presidente della Fondazione Michele Capasso ha partecipato alla “Festa nazionale della Repubblica Francese”, presenti – tra gli altri – il prefetto di Napoli Carmela Pagano ed il Sindaco di Napoli Luigi De Magistris.
Il presidente della Fondazione Mediterraneo Michele Capasso si è associato ad altri rappresentati di istituzioni e di organizzazioni nel rendere omaggio al Console Generale di Francia a Napoli Jean-Paul Seytre che lascia il suo incarico dopo 3 anni.
Il presidente Capasso ha ricordato la proficua e continua collaborazione che ha portato all’organizzazione di importanti eventi per il dialogo euromediterraneo.
Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha donato al Console la medaglia della città e una targa “Perla passione,abnegazione e senso del dovere. Per aver sviluppato e rafforzato la cooperazione tra Napoli e la Francia”. Prima della cerimonia, in cui sono state consegnate anche le onoreficenze ai militari francesi, il suggestivo concerto della cantautrice tunisina M'Barka Ben Taleb che con il suo gruppo ha proposto "Sous le ciel de paris, ovvero Sott' o' cielo 'e Parigi": un mix di ritmi e melodie mediterranee.

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Il presidente della Fondazione Mediterraneo Michele Capasso si è associato ad altri rappresentati di istituzioni e di organizzazioni nel rendere omaggio al Console Generale di Francia a Napoli Jean-Paul Seytre che lascia il suo incarico dopo 3 anni.
Il presidente Capasso ha ricordato la proficua e continua collaborazione che ha portato all’organizzazione di importanti eventi per il dialogo euromediterraneo.
Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha donato al Console la medaglia della città e una targa “Perla passione,abnegazione e senso del dovere. Per aver sviluppato e rafforzato la cooperazione tra Napoli e la Francia”.
Prima della cerimonia, in cui sono state consegnate anche le onoreficenze ai militari francesi, il suggestivo concerto della cantautrice tunisina M'Barka Ben Taleb che con il suo gruppo ha proposto "Sous le ciel de paris, ovvero Sott' o' cielo 'e Parigi": un mix di ritmi e melodie mediterranee.

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Si è svolta a Rabat in Marocco la Conferenza Annuale EuroMeSCo "Cambiare le lenti euromediterranee" che ha riunito oltre 160 ricercatori, responsabili delle decisioni, accademici e rappresentanti della società civile di 25 paesi dell'area euromediterranea per contestare alcune idee che sono alla base delle relazioni euromediterranee.
Nei forum euromediterranei, infatti, l'attenzione si concentra spesso sullo stato del sud e sud-est del Mediterraneo e sul suo impatto sull'Unione europea.
A sua volta, questa conferenza si è concentrata su come i recenti sviluppi in Europa influenzano le sponde meridionali del Mediterraneo e più in generale le relazioni euromediterranee.
Allo stesso modo, le politiche euromediterranee sono troppo spesso intese come politiche dell'Unione europea nei confronti del Mediterraneo meridionale.
Pertanto, questa conferenza ha anche esaminato le politiche e le strategie sviluppate dai paesi del Mediterraneo meridionale nei confronti dell'UE e di altri partner.
La conferenza è stata organizzata congiuntamente dall'Istituto europeo del Mediterraneo (IEMed) e dal Centro politico OCP.
La Fondazione Mediterraneo, cofondatrice della network, e la Federazione Anna Lindh Italia ha partecipato ai lavori.

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La rete EuroMeSCo - della quale sin dall'inizio fa parte la Fondazione Mediterraneo - ha svolto un incontro a Rabat".
Più di 40 giovani ricercatori hanno discusso sulle tematiche euromediterranee.
In questa occasione la rete EuroMeSCo ha accolto 6 nuovi membri.

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Quest’anno Omer Dudic potrà finalmente seppellire i suoi cari morti nel genocidio. I resti di suo fratello Nijazija e di sua cognata Remzija, all’epoca incinta di sei mesi, sono stati riconosciuti grazie all’analisi del Dna nel centro di identificazione di Tuzla e i loro nomi figurano nella lista delle 35 persone tumulate l’11 luglio 2018 durante le celebrazioni per l’anniversario del massacro di Srebrenica. 
« In quei giorni del 1995 avevo appena vent’anni –  racconta visibilmente commosso – e riuscii a salvarmi per miracolo, fuggendo attraverso i boschi e camminando per oltre cento chilometri a piedi nudi. Da allora non ho mai smesso di cercare i miei parenti ». Oggi Omer fa il contadino a Osmace, un villaggio a poca distanza da Srebrenica, immerso tra le verdi campagne che circondano la valle della Drina, al confine tra la Bosnia e la Serbia. Si stenta a credere che solo pochi anni fa un luogo così silenzioso e poetico sia stato teatro di una feroce pulizia etnica. Dei circa mille abitanti che vivevano qui all’epoca adesso ne sono rimasti appena un’ottantina.
Poche case sparse abitate perlopiù da qualche anziana vedova, un memoriale alle vittime della guerra e intorno distese di campi a perdita d’occhio. Campi che potrebbero essere coltivati, se solo ci fossero ancora le braccia per farlo. Da qui si arriva a Srebrenica in meno di mezz’ora, scendendo lungo la strada che Ratko Mladic e le sue truppe di carnefici percorsero dopo la definitiva caduta della città. La fisionomia della piccola piazza del centro è stata modificata di recente da un imponente edificio rosso che ospita un albergo e una banca turca. Di fianco, il minareto della principale moschea cittadina è sovrastato dalla cupola della chiesa ortodossa. Dopo quanto è accaduto nella prima metà degli anni ’90, la convivenza tra la comunità serba e la minoranza musulmana è una scommessa quotidiana. Anche quest’ultima vive ormai con fastidio la rumorosa macchina delle celebrazioni che si attiva ogni anno l’11 luglio, la sfilata annuale delle delegazioni internazionali, i riflettori che si accendono per mezza giornata e poi si spengono di nuovo fino all’anno successivo. « È vero, questo sarà il primo anniversario dopo la condanna di Mladic e la chiusura della Corte penale dell’Aja – riconosce Bekir, che era un bambino durante la guerra – ma qua le notizie delle condanne arrivano come un’eco distante, che non sposta gli equilibri quotidiani della gente comune ».
I sopravvissuti e i parenti delle vittime sono costretti a convivere ogni giorno con la memoria del genocidio e a confrontarsi con una ricostruzione morale e materiale che pur dopo tanti anni stenta ancora a decollare.
« Il processo di riconciliazione continua a essere ostacolato dalle ideologie nazionaliste che gettano sale sulle ferite di un dramma cominciato molto tempo prima di quello che il mondo ricorda », spiega Hasan Hasanovic, curatore del centro di documentazione del memoriale di Potocari, nel quale è sepolto anche suo padre. L’assedio dei nazionalisti serbi alla città iniziò in un giorno di primavera di venticinque anni fa, nel 1993. « L’Onu aveva negoziato un cessate il fuoco, la popolazione si illuse di poter tirare il fiato e noi bambini uscimmo a giocare a calcio nel cortile della scuola – ricorda – ma all'improvviso dalle montagne circostanti iniziarono a piovere granate sulla città. Una colpì in pieno il campo da gioco ed esplose a pochi metri da me ». 
Quel giorno Hasan si salvò per miracolo ma vide morire quattordici suoi compagni di scuola. La mattanza che si sarebbe compiuta due anni più tardi segnò anche il fallimento della comunità internazionale, come ricorda anche la mostra fotografica allestita nei locali dell’ex base Onu di Potocari.
Con le 35 sepolture di quest’anno, il totale delle inumazioni supererà quota 6.800 ma il lungo processo per ridare un’identità ai resti delle oltre ottomila vittime prosegue, anche perché i boschi intorno a Srebrenica continuano a restituire le ossa sepolte nelle fosse comuni. 
Dragana Vucetic, antropologa forense del centro di ricerca sulle persone scomparse di Tuzla, conferma che sono circa un migliaio le vittime che restano ancora da identificare.
La Fondazione Mediterraneo, nata proprio per aiutare le vittime della guerra in ex Yugoslavia, è al fianco di queste martoriate popolazioni.

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La conferenza internazionale sull'oceanografia e la scienza della terra, organizzata dall'Istituto di studi scientifici, tecnologici e di sviluppo, si è svolta dal 29 giugno al 30 giugno a Marrakech, in Marocco. La conferenza ha trattato specialmente gli scambi di esperienza e di buona pratica riportando i risultati della ricerca su tutti gli aspetti dell'Oceanografia e della Scienza della Terra nel mondo.
La Fondazione Mediterraneo ha partecipa a questa conferenza continuando le attività della sede di Marrakech.

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Si è concluso il ciclo di conferenze “Orbitecture” nell’ambito della mostra “Civilizzare l’urbano” ospitati al Museo della PaceMAMT. Il prof. Massimo Pica Ciamarra ed il dott. Gennaro Russo hanno concluso i lavori sottolineando lo splendido risultato ottenuto e gli indirizzi concreti operativi.

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Il presidente Michele Capasso ha partecipato alla county presentation “Tunisia, una piattaforma tra Europa e Africa” svoltasi alla Camera di Commercio di Napoli.
In un cordiale incontro con la Console Beya Benabdelbaki e l’assessore al Comune di Napoli Alessandra Sardu il presidente Capasso ha ricordato gli antichi legami con la Tunisia e le tante presentazioni svoltesi nella sede della Fondazione e del Museo della PaceMAMT.

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La Fondazione Mediterraneo ha partecipato alla 24ma edizione del “Festival di Fès delle Musiche Sacre del Mondo” dedicata ai Saperi Ancestrali.

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Nell’ambito degli eventi per la mostra “CIVILIZZARE L’URBANO” si è svolta presso il Museo della Pace – MAMT la conferenza internazionale dal tema “Orbitecture e la Città Cislunare”.
Sono intervenuti:

  • Russo (CNS/Trans-Tech)
  • Mosca (PMI-SIC)
  • Torre (CNS).
  • Pica Ciamarra (CNS/ PCAInt)
  • Arcidiacono (Università Federico II di Napoli)
  • De Martino (CNS/PCAint)
  • DePascale/ V.De Micco (Università Federico II di Napoli)
  • Pisanti (CNS/ Space-4life)

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