2019
15 Ottobre 2019
Tutte le Attività -
Anno 2019
Si conclude oggi un’intensa giornata di dibattito alla Fondazione Mediterraneo per fare il punto di quanto accade in Turchia e, specialmente, ai Curdi.
Abbiamo ascoltato numerosi membri del Comitato internazionale e ci siamo collegati con intellettuali turchi e curdi per conoscere il loro pensiero.
Il risultato è scoraggiante: l’imputato principale a livello globale è una classe politica e di governo impreparata, sciatta, dedita a miseri interessi particolari ed ignara del Bene Comune e del Valore della Vita e della Dignità umana.
“Come donne siamo determinate a combattere fino a quando non otterremo la vittoria della pace, della libertà e della giustizia”: così le donne curde in uno scritto si rivolgono al mondo, mentre assistono all’avanzare delle truppe turche nel loro territorio e cercano di fermarle. Chiedono che la comunità internazionale agisca affinché venga posta fine all’ “invasione ed all’occupazione della Turchia nella Siria del nord”. Lo fanno con una lettera intitolata “A tutte le donne e ai popoli del mondo che amano la libertà”.
É la testimonianza della situazione che oggi si trovano a fronteggiare i curdi che abitano nella Siria del nord, da quando il territorio dove vivono è ostaggio dell’offensiva della Turchia.
Nel testo si legge:
“Vi stiamo scrivendo nel bel mezzo della guerra nella Siria del Nord-Est, forzata dallo Stato turco nella nostra terra natale. Stiamo resistendo da tre giorni sotto i bombardamenti degli aerei da combattimento e dei carri armati turchi. Abbiamo assistito a come le madri nei loro quartieri sono prese di mira dai bombardamenti quando escono di casa per prendere il pane per le loro famiglie. Abbiamo visto come l’esplosione di una granata Nato ha ridotto a brandelli la gamba di Sara di sette anni, e ha ucciso suo fratello Mohammed di dodici anni”.
Le testimonianze non si fermano qui. Nel documento si legge degli attacchi aerei che stanno distruggendo i villaggi, delle persone che sono costrette alla fuga, ma anche della resistenza, senza sconti, che i curdi hanno stanno mettendo in atto. Quindi l’appello alla comunità internazionale, affinché si adoperi per fermare la Turchia. Le donne curde hanno stilato una serie di richieste, tra queste lo stop alla vendita delle armi. Una misura che alcuni Paesi Ue hanno già messo in campo.
Questi gli interventi richiesti:
- Fine dell’invasione e dell’occupazione della Turchia nella Siria del nord.
- Istituzione di una No-Fly zone per la protezione della vita dela popolazione nella Siria del nord e dell’est.
- Prevenire ulteriori crimini di guerra e la pulizia etnica da parte delle forze armate turche.
- Garantire la condanna di tutti i criminali di guerra secondo il diritto internazionale.
- Fermare la vendita di armi in Turchia.
- Attuare sanzioni economiche e politiche contro la Turchia.
- Adottare provvedimenti immediati per una soluzione della crisi politica in Siria con la partecipazione e la rappresentanza di tutte le differenti comunità nazionali, culturali e religiose in Siria.
A conclusione di questa giornata provo un profondo scoramento.
Da 30 anni sono impegnato quotidianamente, con passione e dedizione, a promuovere il dialogo e la pace nella regione euromediterranea e nel mondo.
All’inizio di questo impegno avanzammo una proposta allora ritenuta irrealizzabile: integrare nell’Unione Europea il Marocco (ad Ovest) e la Turchia (ad Est) al fine di assicurare la pace in aree in cui la guerra aveva prodotto vittime innocenti. Accanto a tale proposta quella della costituzione degli “Stati Uniti d’Europa”.
In tanti articoli che ho pubblicato su vari giornali dal 1991 ad oggi ho sempre sostenuto l’ineluttabilità di tale processo.
L’ho sostenuto in vari incontri con il presidente Erdogan dal 2004. Analizzando i discorsi, gli impegni e come poi si sono svolti i fatti si comprende che una più attenta dedizione a questi problemi avrebbe potuto produrre un esito positivo nella regione.
Nel 2005, durante la visita alla Fondazione Mediterraneo, Erdogan fu accompagnato da 16 ministri e chiese un “aiuto” per poter accelerare il processo di adesione della Turchia all’Europa.
Ci permettemmo di stilare un decalogo: nulla di quanto proposto è stato realizzato, nonostante le personali sollecitazioni in successivi incontri fino a poco tempo fa.
Stessa cosa durante i nostri viaggi nel Kurdistan iracheno, con gli incontri con il presidente Barzani, i vari ministri ed i responsabili di politiche troppe volte basate solo sull’odio e sulla vendetta.
Concludo questa giornata rivedendo alcune fotografie dei succitati incontri e rileggendo alcuni articoli pubblicati.